Speciale Futuro Presente I – incontri

Francisco Lopez

Vi avevamo promesso uno speciale da Futuro Presente, ed eccoci qui. Uno speciale limitato – ci siamo potuti godere solo l’ultimo giorno – ma attraverso il quale vorrei lanciare alcuni spunti di riflessione.

Cominciamo dagli incontri, davvero significativi.

Il primo cui ho potuto partecipare, causa torrenziale temporale primaveril-alpino pomeridiano, è quello in videoconferenza dalla West coast con Matteo Bittanti, curatore tra le altre cose di Schermi interattivi. Il cinema nei videogiochi uscito per l’editore Meltemi quest’anno. 

Tema: il cinema e i videogiochi. Il tema del sound design nei videogiochi purtroppo non è stato toccato, nè c’era il tempo di svilupparlo…però Matteo è un personaggio interessante, collegato via Skype ha sottolineato come il mondo dei videogiochi sia uscito dagli schermi dei pc per dilagare più o meno ovunque. Occhi aperti di Hollywood, che ha in cantiere una serie di rifacimenti e adattamenti (pare sia già  in lavorazione Halo). Occhi aperti dell’industria, per cui i videogame sono oramai una fonte sicura d’incassi molto più di cinema e home video.

Si è parlato di wargames bidirezionali: azioni militari in Afghanistan riprese e riprodotte (in maniera terribilmente somigliante) nei games, militari che si comportano sul campo reale come su quello virtuale…

E ancora, su spunto del pubblico, si è parlato di tutto quel mondo underground che si sviluppa grazie alla Rete sempre con maggior intensità  e creatività . Nota dolente: dal quel di Berkeley il Bittanti non manca di farci notare come non esista una scuola di videogiochi italiana, benchè il predomio statunitense sia ben insidiato da Francia (seconda potenza mondiale del campo), Inghilterra e Germania. Insomma, l’Europa c’è, ma noi ne siamo fuori. Stupiti? sono moltissimi i talenti italici che lavorano in questo campo con successo, ma all’estero. Speriamo che il mercato clandestino, cioè open, cioè web, cioè DIY dei videogames ci veda più coinvolti…

Secondo incontro, quello con Francisco Lopez. Non abbiamo potuto partecipare alla performance del venerdì, quella che Lopez porta avanti da un po’ di tempo e che richiede agli spettatori di bendarsi gli occhi in modo da eliminare (o almeno limitare) le influenze della vista sulla percezione, nel tentativo di raggiungere quell’ascolto puro e rivolto al puro suono che per l’artista è fondamentale.

Anche senza performance, però, le sue parole sono forti e chiare.

Due i temi fondamentali: quello dell’influenza della tecnologia sulla società , e soprattutto del cambiamento epocale e antropologico che la tecnologia audio – a partire dagli anni ’80 – ha comportato per il mondo dell’arte e non solo. Lopez non è un nostalgico, e se comincia a raccontare dalla storica epopea dell’Home music network for the cassettes mouvement è per un motivo preciso. Vuole dimostrare che, anni prima di internet e delle web communities, la possibilità  di avere con sè quel piccolo studio portatile che era il registratore a cassette aveva già  dato vita ad una comunità  trasnazionale di non professionisti che si scambiavano frammenti di registrazione, brani autoprodotti, paessagi sonori locali, attraverso la posta ordinaria così come oggi si fa attraverso la rete.

Punto fondamentale: il movimento, vastissimo per l’epoca, si svolgeva nella totale inconsapevolezza delle parallele conquiste della musica sperimentale ed elettroacustica. Inconsapevolezza reciproca, beninteso. Questo movimento che Lopez colloca all’origine del suo lavoro aveva un altra caratteristica: si collocava completamente al difuori dell’industria. Faceva sperimentazione e la diffondeva bypassando l’industria discografica e musicale. Stessa cosa è successa dopo l’avvento de CD, manipolando il compact disc prima, incidendolo poi dopo l’uscita del CD vergine. E oggi? Oggi il cambiamento sociale, quello che interessa a Lopez, è radicale: attraverso il computer le differenze collassano.

Non più analogico o digitale, desktop o laptop, i software sono gli stessi, sia che tu lavori all’Ircam o nello scantinato. Se la tecnologia è la stessa, la tecnologia è trasparente, svanisce. Ciò che abbiamo di fronte, quando ascoltiamo un prodotto sonoro contemporaneo, è la mente del suo creatore.

Liberati dallo strumento, vediamo in trasparenza la mente creativa dell’artista (F. Lopez)

Le opere interessanti oggi vengono dalle menti interessanti. Non dall’accademia, non dall’educazione, non dallo strumento, non dalla tecnologia.

E’ su questo punto che non sono totalmente d’accordo, e glielo dico…perchè democrazia tecnologica significa anche standardizzazione delle procedure, dei metodi di lavoro…e avendo a che fare con strumenti per l’appunto, standardizzazione in certa misura del risultato. Non necessariamente è l’ingegno umano a prendere il sopravvento, può succedere – molto spesso succede – che sia lo strumento stesso, la macchina, a prendere il sopravvento e a lasciare la sua impronta (e non la nostra) sul prodotto finale.

La riposta di Francisco Lopez è semplice e spiazzante, e rivela della sua formazione di biologo:

è una questione statistica

Se al tempo di Schaeffer sul pianeta c’erano tre o quattro studi di fonologia dove poter sperimentare sul suono, oggi sono un miliardo, perchè ognuno lo ha a casa sua. Quindi, più probabile che qualcuno in qualche punto oscuro del pianeta riveli la sua creatività . Voi che ne dite?

Il secondo punto del dibattito rivela il perchè dell’ottimismo di Lopez. Ha vissuto in tutto il mondo – per esempio Costarica, dove ha prodotto il famoso album La Selva – ha osservato e soprattutto registrato, nella convinzione che i suoni reali e più in generale la realtà  del mondo, siano l’unica cosa che non smette mai di stupire. L’unica fonte inesauribile di ricerca, di materiale sonoro. La sonic matter (concetto coniato da Lopez stesso ampliando quello di object musical) è completa, ed impossibile da ricreare attraverso non importa quale modello di sintesi.

Lopez non fa distinzione tra strumenti tradizionali o sintesi su modelli fisici. Si tratta sempre di riprodurre, ricreare, crecando una perfezione e una materia sonora che si trovano solo nella realtà . Già  la registrazione è un atto intrusivo, e deve essere ben chiaro che non ha come scopo il ricreare un ambiente sonoro che rimane inimitabile, cioè quello che sentiamo con le nostre orecchie.
Ecco perchè da molto tempo ormai l’artista propone esperienze, non concerti. La forma del concerto mal si adatta al tipo di esperienza sonora che si ha con il suono acusmatico, su supporto. E su questo punto sono perfettamente d’accordo. Quindi: sedie in circolo, pubblico bendato, esperienza collettiva e intima allo stesso tempo.

Non so cosa ne pensate voi, ma io comincio a credere che l’ottimismo di Francisco Lopez verso l’accesso illimitato e immediato allo studio di registrazione e produzione portatile derivi proprio da questa sua esperienza. Io rimango convinta che non sia quella maggioritaria, e che metodi e strumenti standard rischino di portare a risultati standard. Ancora, che il rumore (lo dico, lo ha detto anche lui!) sollevato dalle milioni di voci copra sul breve periodo le menti creative di cui sopra.

Si attendono smentite dai lettori!

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Sara Lenzi
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6 COMMENTS

  1. Viviamo un’epoca affascinante, possibilità  infinite, infiniti modi di riflettere sul mondo, di rivelare la nostra natura creativa….E’ vero che le opere interessanti vengono da menti interessanti: ma bisogna aggiungere un cerchio, ovvero quello del mondo in cui sono immerse le menti, le opere che già  ci sono. C’è più musica di quella umanamente ascoltabile, è un dato di fatto…Se voglio continuare a comporre musica devo ignorare che come me esistono milioni di altri musicisti migliori o peggiori, ed affidarmi a solide conoscenze di varia natura, anche tecnica. Per quanto riguarda le tecnologie poi la standardizzazione ha effetti paradossali: permette a molti di fare molto, ma non a tutti, se non è accompagnata da competenze e sensibilità  che vanno ben al di là  delle tecniche: e questo si evince dai risultati. E poi, nonostante questa “facilità ” di accesso, mi chiedo come mai in Italia non si producano videogiochi: saranno per caso deficit culturali, scarsa iniziativa economica, formazione carente? Se continua così, saremo la triste contraddizione del pensiero di Lopez….Non potremo accettare la sfida di misurarci con un mondo di menti interessanti.

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