Sono due le installazioni che hanno animato la settimana del festival.
City of Abstracts, del coreografo William Forsythe da sempre interessato all’utilizzo delle tecnologie nel lavoro e nello studio sul corpo in movimento. Ricordo una sua collaborazione per la creazione di uno strumento didattico per i ballerini della sua compagnia con lo ZKM di Karlsruhe dai risultati davvero ottimi.
Il suo intervento consiste in un grande schermo che sovrasta l’ingresso alla piazza semichiusa del MART.
Il passaggio è obbligato per accedere al grande cortile centrale, e le telecamere di sicurezza sono uno strumento invitante. In maniera molto semplice, la presa delle immagini dei passanti viene rielaborata sfruttandone il movimento. Il gesto viene elaborato e trasformato in quella che sembra la sua componente primaria. Per essere chiara: se si muove il braccio in segno di saluto, quel movimento diventa un puro vettore, una specia di “sinusoide” del corpo che rappresenta il significato del movimento stesso, tolto il suo significante. Cioè noi.
Semplice, e di estremo effetto.
L’intervento di Studio Azzuro invece ha occupato l’intero corso cittadino sul quale si affaccia il Museo di arte contemporanea, Corso Bettini. Che poi è anche la via del Teatro Zandonai, e di alcuni dei più signorili edifici della città  , in stile puramente asburgico.
Una strada e Due facciate utilizzano suono e immagine. Ma sarebbe più giusto dire che utilizzano l’architettura e il “pieno” degli edifici, il “vuoto” della strada, i passanti e le loro reazioni e l’arredamento dei caffè del corso per l’occasione trasferiti in strada.
Per Una strada, sfruttando ancora una volta il già  esistente, gli altoparlanti e i fari colorati sono collocati sui tralicci dei lampioni, opportunamente schermati. Sull’asfalto sono proiettate frasi, frammenti, pensieri. I fari colorati identificano due punti: Green point e Yellow point, i punti di aggregazione e sosta dei passanti (l’avrete capito, sono i tavolini dei bar).
Il suono: paessaggi naturali, frammenti di voci, rumori urbani. I punti di diffusioni sono una decina (come i tralicci dei lampioni) e left/right. In un ambiente così aperto le possibilità  spaziali erano moltissime, e la scelta di Studio Azzurro ha, ancora una volta in maniera semplice ma efficacissima, sfruttato al meglio la situazione.
La coppia di diffusori centrali costituiva un punto focale, a mo’ del fronte stereo che in una diffusione multicanale di solito si mantiene, per dare modo al pubblico di crearsi un punto di riferimento acustico. Attraverso una maggiore presenza di materiale ben identificabile (voci, paesaggi naturali a volte in contrasto con il paesaggio locale, tipo il mare) e volume più alto degli altri, attiravano il pubblico in quella zona, che tra l’altro si collocava a metà  strada tra i due punti/bar.
Da lì, più semplice giocare sullo spazio e sul movimento: alcune sequenze erano diffuse in successione, dando un effetto “eco” che sembrava venire dalla riflessione sui palazzi del corso; altre in oscillazione left/right, effetto semplice che giocava perfettamente su spazi urbani aperti. Movimenti ampi che davano modo al pubblico di prendersi il tempo di ascoltare…
[foto Studio Azzurro]Due facciate ha sfruttato i palazzi che si fronteggiano di fronte a fianco dell’ingresso del museo. Una facciata trasformata in cascata di parole, le finestre di fronte invece popolate da personaggi (danzatori? antichi abitanti? cavalieri e dame?) che appaiono e scompaiono stagliandosi nel buio della facciata. Il tutto immerso nel suono, questa volta proveniente dai soliti due provvidenziali terrazzini…
L’immagine più bella, che dà  la misura della qualità  del lavoro: un ragazzino passa in bicicletta, lancia un’occhiata alla facciata, la figura emerge dal buio, la vibrazione dei bassi ti investe…lui sgrana gli occhi e cade dalla bici. Se non è coinvolgimento questo…
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