Il secondo giorno di permanenza al festival di Ars Electronica è stato sicuramente il più sorprendente. Il centro di Linz viene trasformato in un’immensa exhibition, uno spazio pubblico per eventi artistici e performance di ogni tipo.
Nella Pfarrplatz viene celebrata la musica elettronica più bizzarra. Da mini concerti con Nintendo DS a djset basati sulla musica per videogiochi degli anni ’80. Divertenti, ma ovviamente l’innovazione non abita qui.
Noi però siamo tipi che non si arrendono facilmente. Le migliori idee sonore di Linz sono dietro l’angolo. Basta fare qualche centinaio di metri a piedi.
L’OK Museum, un palazzone di tre piani completamente dedicato all’arte contemporanea, ospita infatti Cyber Arts, una selezione dei migliori lavori dedicati all’arte interattiva, le digital communities, l’hybrid art. E qui c’è veramente da divertirsi.
Tutti gli spazi del museo sono utilizzati indistintamente per presentare le opere in mostra. Il corridoio di ingresso presenta Salat di Johannes Gees: un’altoparlante, attaccata al soffitto tramite una corda di metallo di 5/6 metri di lunghezza, che riproduce una preghiera muezzin, composta da una serie di frasi ripetitive che si sovrappongono in modo apparentemente disordinato.
Il suono si propaga in tutte le stanze del museo. Si ha la sensazione di essere chiamati per nome da qualcuno che viene da lontano. L’effetto è straniante, ma irresistibile.
Al piano superiore altre soprese. La prima è sicuramente touched echo di Markus Kison, un’installazione che sfrutta la propagazione del suono nei materiali. Collocata nel corridoio aperto che collega due parti del museo, l’opera consiste in due punti di ascolto disposti lungo il passamano di metallo del corridoio stesso.
Il pubblico è invitato ad appoggiare i gomiti sul metallo e a toccare le orecchie con le mani (come segnalato dall’incisione disposta sul punto di ascolto). Un dispositivo agganciato al passamano trasmette dei suoni preregistrati che si propagano nel metallo fino a raggiungere l’ascoltatore. Dopo qualche secondo è possibile sentire il suono dei bombardamenti aerei a Dresden (Germania) della notte del 13 febbraio del 1945. Sicuramente una delle installazioni sonore più emozionanti.
Proseguendo negli spazi dello stesso piano si arriva in una delle stanze più affollate. E’ lo spazio dedicato al Reactable, il favoloso strumento musicale creato dai ricercatori spagnoli Sergi Jordà , Günter Geiger, Martin Kaltenbrunner e Marcos Alonso.
Sono tante le cose che si possono dire per descrivere le caratteristiche di questo progetto. Solidità del software per la gestione dell’interazione con gli utenti, enfatizzazione della fisicità nel manipolarlo, facilità d’uso, gradevolezza estetica, performance musicale non indifferente.
Non mi voglio dilungare troppo su uno dei tavoli interattivi più famosi del mondo (anche perchè se ne parlerà ancora), lascio quindi la parola a un piccolo contributo video che ne testimonia il fascino veramente unico.
L’ultima opera sonora interessante del Cyber Arts è stata Sound Capsule di Satoshi Morita. Sicuramente spettacolare nella sua presentazione, Klangkapsel (questo il nome originale in giapponese) consiste in un sarcofago di materiale semirigido all’interno del quale la persona viene invitata a inserirsi. Una volta entrati dentro, alcuni altoparlanti disposti all’altezza della testa e della schiena trasmettono degli elementi sonori preregistrati precedentemente.
Morita stesso infatti ha utilizzato 6 microfoni attaccati a varie parti del corpo per registrare il suono delle proprie attività motorie, per poi trasmetterle all’interno di questo particolare sarcofago sonoro.
Nel mio caso ho potuto vivere l’esperienza di una bella pedalata in bicicletta all’aria aperta, sentendo il suono del mio (suo) cuore, il rumore meccanico dei pedali, l’affanno nel respiro, le persone che mi (gli) passavano accanto. Anche in questo caso un piccolo contributo video può aiutare a capire meglio il tipo di esperienza fornita da questa originale installazione sonora.
Una volta uscito dalla capsula (un pò troppo calda per la mia temperatura corporea a dire il vero…) ho fatto anche una bella chiaccherata con il simpaticissimo Satoshi, il quale, rivelando un’inaspettata anima da sound designer, si è dimostrato disponibile per essere intervistato appena possibile. Sicuramente uno dei migliori progetti visti e sentiti al festival.
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