Dopo il Monome, la WII loop machine, SensorLab, MIDIsense e la schiera di “strumenti non tradizionali” di cui ci siamo occupati nel 2008 – per non contare le volte in cui su queste pagine è stato fatto il nome di Reactable, apriamo l’anno con una nuova segnalazione e con svariati interrogativi…
Audiopad è a detta dei suoi creatori “uno strumento per la composizione e la performance”. Analogamente a Monome funge da sequencer e da controller, più di Monome il suo principio di funzionamento fa sì che al controllo dell’audio si aggiunga un feedback grafico che può rivelarsi sicuramente interessante durante un live set in uci il pubblico si trovi sufficientemente vicino per apprezzare l’aspetto visivo oltre a quello sonoro.
Ho detto “pubblico sufficientemente vicino” e non a caso, perché James Patten e Ben Recht, creatori e sviluppatori di Audiopad nel 2003, ai bei tempi del loro training – indovinate dove?? – al mitico Media Center del bostoniano MIT, hanno inteso fin da subito questo strumento come un punto di incontro e di interazione, tra il performer, il suo pubblico, e il suono.
Audiopad è una superficie interattiva il cui principio di funzionamento si basa su una matrice di elementi di antenna che “tracka” il movimento di alcuni oggetti taggati elettronicamente. Il software ad esso collegato, banalmente diremmo oggi, forse meno banalmente nel 2003, interpreta le informazioni ricevute e le utilizza per controllare l’audio e il feedback grafico.
Per audio è da intendersi: le funzioni associate ad un sequencer, una serie di processi di DSP, editing in tempo reale. La scelta dei campioni è duplice: il comando “Microphone” fa riferimento ad una libreria di suoni che possono essere caricati dall’esecutore, “Audio track” pesca in una libreria di suoni di sintesi presente nel software (su che tipo di sintesi sia applicata non abbiamo notizie).
Ci tengo a sottolineare che il risultato grafico e visivo è molto divertente, le istruzioni – comprese quelle testuali – compaiono direttamente sullo schermo assieme a simboli grafici e immagini stilizzate, componeneo un mosaico di significati audiovisuali molto gradevole e perchè no coinvolgente…ci siamo tanto lamentati delle performance laptop-based che spezziamo una lancia in favore di questi nuovi strumenti…la fisicità è sempre stata una parte fondamentale dell’esibizione dal vivo, quel lato che maggiormente coinvolge il pubblico, rendendo “umani” gli esecutori, e anche gli strumenti utilizzati.
L’assenza dell’aspetto fisico è forse quello che ha penalizzato la musica acusmatica, che ha lasciato freddo il pubblico ma perché no anche l’esecutore…l’adrenalina che ti prende prima di imbracciare lo strumento non è la stessa che si prova avvicinandosi al mixer, prepararsi a soffiare e sudare non è la stessa cosa che accingersi a spingere “play”.
L’ Audiopad di Patten Studio, così come la pluripremiata Reactable, sono dei tentativi di riportare il gesto al centro della performance acusmatica. Ma c’è un però: di fatto questi nuovi strumenti vengono esibiti nei convegni, nelle kermesse stile Sonar, vincono i concorsi, fanno qualche comparsata accanto a qualche nome famoso…ma non vengono utilizzati nella pratica musicale, e dunque non intaccano ancora il primato di quella mela che nasconde al pubblico il lavoro del performer…
Questioni di prezzo? O piuttoso di mondi incomunicanti – quello di chi produce i contenuti e si esibisce live e quello di chi inventa gli strumenti?
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carino! forse un po’ triste il contesto. possibile che nessuno si chieda che senso ha tanta tecnologia per risultati musicali così scarsi? ho dato un’occhiata ai siti dei vari festival che avete segnalato…. non so, non vorrei apparire troppo critica ma il panorama è sconfortante. Sembra il trionfo di un’estetica da accattoni!
Se è questo il futuro preferisco restare nell’immediato passato (Boulez, Stockhausen, Berio, dove siete finiti?)
possibile che nessuno si ponga il problema di una mediazione estetica fra la tecnologia furibonda e il patrimonio che i nostri predecessori ci hanno lasciato?
natura non facit saltus, e la musica ancor meno. i cyborg idioti possiamo anche risparmiarceli, non vi pare?
Forse non ci si rende conto che i “cyborg idioti” fanno sempre da controparte ai “compositori idioti”: appunto per questa infelice simmetria, ricerca musicale e ricerca tecnologica spesso si fanno la guerra. Perdendo tempo e occasioni preziose di “progredire” in entrambi i campi. Quindi direi a marcella che fondamentalmente dovrebbe chiedersi in che modo la sua esperienza musicale e le sue conoscenze possono usufruire di certi nuovi ritrovati, e contribuire al loro sviluppo. D’altronde si sa che le prime esperienze di musica elettronica, a Milano, come a Colonia o a Parigi, hanno avuto per protagonisti tanto ingegneri quanto compositori di enorme valore. E’ tempo quindi di rimboccarsi le maniche e capire una volta per tutte che se Berio o Boulez hanno ancora valore per un musicista, il mercato e il pubblico che li sostenevano non esistono più; ed è dunque il caso non soltanto di tracciare percorsi estetici nuovi, ma di ridisegnare i rapporti tra il musicista e il mondo senza nessun tipo di pregiudizio…allego un video che spero possa rappresentare un elemento per approfondire la questione anche da un punto di vista “estetico”…
http://www.youtube.com/watch?v=u2QWwXFOsoI
L’incontro che sounDesign ha organizzato per il Festival della Creatività 2008 voleva essere un’occasione per far parla i due mondi, i due mondi-idioti per l’esattezza. Nessuno dei nostri ospiti si offenderà credo. C’erano compositori contemporanei, sound designer, informatici, ingegneri. Riuniti tutti insieme in una stanza, la possiblità di una scazzottata era alta. E invece, sorpresa: i cyborg-idioti lamentavano insofferenza verso i colleghi che si improvvisano musicisti, i compositori-idioti lamentavano (oltre alla cronica carenza di fondi, e nessuno può dargli torto…) anche la cronica carenza di pubblico, la necessità di andare avanti, di superare l’empasse…E dunque, più che rimboccarsi le maniche, voglio fare un appello a sporcarsele, le mani. Audiopad e soci saranno pure oggetti carini o poco più, ma chi l’ha detto che i concerti di musica contemporanea, oltre che spesso noiosi e insensati (così come la maggior parte dei festival che segnaliamo, do ben ragione a Marcella) devono essere pure tristi “scenograficamente”? Voglio dire, se si trattasse anche solo di oggetti interessanti e coinvolgenti “esteticamente”, “gestualmente”, non avrei niente da dire. Più interessante, oggi, che vedere qualcuno seduto dietro ad un mixer che fa partire un CD diretto ad un impianto a quattro canali (se va bene). L’acusmatica segna il passo, il pubblico si assenta e nessuno si trova nella posizione di snobbare Reactable in nome di una supposta purezza estetica…piuttosto, è vero che allo sluccichìo del mezzo non corrisponde il risultato musicale o sonoro. Ma questo sarebbe, per l’appunto, compito dei compositori, e non dei programmatori. Concludo con un augurio per il 2009: cerchiamo occasini di incontro/scontro, e i risultati si vedranno…